“Women Football: Rising Stars”: Martina Romanelli, centrocampista offensiva dell’Inter e della Nazionale Under 17
“Y en el diez la llevo yo, gloria in la mano…” canta Manu Chao, come se in queste parole fosse racchiuso l’intero destino del calcio. Il numero 10 non è un semplice numero, ma l’emblema del genio, della follia e del sogno. Diego Maradona ha fatto di quel numero una seconda pelle, un mantello che pesava meno del mondo che portava sulle spalle. Non è un caso, né un miracolo: il dieci rappresenta l’essenza del gioco, l’unico numero in grado di sfidare la logica del campo. In quelle movenze e in quei tocchi, si riconoscono gli uomini destinati alla gloria, coloro per cui “non è un sogno né raro” raggiungere l’immortalità.
Perché il dieci non si indossa: il dieci si è. La storia del calcio lo insegna: dai campetti polverosi del Barrio de la Paternal fino al pantheon dei più grandi, il numero di Maradona ha viaggiato sui prati del mondo come un simbolo di rivincita. È la rappresentazione di una vita che, come in una tómbola, offre cadute e resurrezioni, in cui la palla non smette mai di rotolare verso un’idea di bellezza eterna.
“La maglia numero 10 non è solo un numero per me. È un simbolo, indossato dai miei idoli, come Maradona e Messi. Lottare per questo numero è importante perché ha un valore speciale, anche se so che non è il numero a fare il giocatore, ma il contrario.” Con queste parole appassionate, Martina Romanelli disegna a WomenFootball.it il suo legame con un numero iconico che accompagna il corso naturale della storia del calcio.
Una storia che ha fatto tappa a pochi chilometri da casa sua, ben prima che lei nascesse. In un San Paolo che dista pochi chilometri da Giugliano, dove Martina è nata, è lecito pensare che lo spirito di “El Diez“, che ha permeato il popolo, sia rimasto vivo nel tempo, influenzando generazioni e generazioni.
“Fin da quando ero piccola, ho sempre desiderato giocare a calcio. Era l’unico sport che amavo davvero, e a casa passavo tutto il tempo possibile a giocare con mio fratello. Da lui è nata questa passione, e insieme giocavamo ovunque e a qualsiasi ora della giornata, anche dopo cena.” Un desiderio inizialmente contrastato da mamma e papà, che hanno provato a distogliere, senza successo, una ragazza che voleva solo avere un pallone tra i piedi.
Nasce così un’avventura che ha un secondo pilastro, oltre a Maradona, fondamentale per la crescita della calciatrice Romanelli. “Per cinque anni ho avuto come allenatore Alessandro Di Martino, una persona che considero di grande talento. Tra noi c’era una bellissima intesa in campo: lui capiva me, e io capivo lui. Mi ha sempre dato molta fiducia, e questo ha fatto emergere in me tante qualità: forza, determinazione e tanta volontà.”
E quale sbocco naturale può avere un racconto che fa di Napoli e del numero 10 il fulcro della storia? Mai risposta è stata più semplice: la maglia del Napoli Femminile con indosso proprio quel Numero. Una tappa importante non solo per la crescita sportiva e in consapevolezza di Martina, ma anche per comprendere come quel percorso intrapreso anni prima, nei dubbi di mamma e papà, fosse il migliore possibile, fatto di gioie e di vittorie. “Uno dei momenti più emozionanti della mia carriera è stata la vittoria della Danone Cup nel 2012 con il Napoli, la mia prima coppa con la squadra. Nonostante fossimo una squadra ‘sotto età’, la finale contro la Juventus è stata un’esperienza incredibile. Quegli anni al Napoli sono stati tra i più belli, non eravamo solo una squadra, ma una vera famiglia. C’era tanta determinazione e voglia di crederci; anche nelle sconfitte non abbiamo mai mollato. Sono fiera di aver dato tanto a questa squadra, perché lo meritava davvero.”
Ne parla al passato Martina perché, per quanto tu possa programmare e porti degli obiettivi, c’è sempre una svolta dietro l’angolo pronta a scombussolare le carte in tavola, rendendo il cammino più emozionante ed ambizioso. La svolta ha un nome importante, quello dell’Inter, squadra pronta ad accogliere a braccia aperte il talento indiscutibile della calciatrice giuglianese.
Inter vuol dire Milano, vuol dire fare le valigie e trasferirsi lontano da casa. Una scelta che non ha pesato sulle spalle di Martina. Anzi. “Ricevere la notizia di dover giocare lontano da casa è stata un’emozione grande, soprattutto sapendo che sarei andata in una squadra come l’Inter.” Un passaggio cruciale per una giovane ragazza che ha però avuto il sostegno forte delle persone care. “Stare lontana dalla mia famiglia non è facile, ma ogni giorno penso che sono qui per inseguire il mio sogno, per dare anima e cuore al mio sport e alla mia squadra. I miei genitori mi hanno sempre sostenuta, e anche se i chilometri che ci separano sono tanti, sento sempre il loro supporto. Non è stato un momento facile per noi, ma grazie a loro sto vivendo quest’esperienza con serenità ed entusiasmo. Il loro appoggio vale più di tutto.”
Oltre a un tocco di palla magico, tale da sembrare danzare sulla palla, forse per dimostrare ai suoi che anche loro ci avevano visto bene quando le avevano proposto di cimentarsi con le Pointe Shoes al posto degli scarpini, Martina Romanelli ha avuto in dono l’arte della decisione, degli obiettivi chiari in testa. “Appena sono arrivata all’Inter, il mio obiettivo era vincere lo scudetto. Inizialmente mi chiedevo se ce l’avremmo fatta, ma conoscendo la squadra e lo staff, ho capito che avevo davanti a me delle ragazze determinate e grintose, con la voglia di vincere e dimostrare il loro valore. Ognuna di loro è stata fondamentale, sacrificando tanto per ottenere quel titolo.”
Un titolo che l’ha vista protagonista soprattutto nel match chiave, quello contro la titolata Roma in semifinale, letteralmente distrutta dalla bravura di Romanelli. Bravura che Martina ha poi portato anche in Nazionale Under 17 nonostante fosse fra le più piccole del gruppo, lasciando subito il segno. “Essere convocata in Nazionale sotto età è stata un’esperienza indimenticabile. Cantare l’inno indossando la maglia azzurra e segnare il mio primo gol contro la Francia è stato un sogno che si avverava, tale da non poter desiderare di meglio.”
Tornando indietro nel tempo, ai desideri di bambina, e ripercorrendo in avanti rapidamente l’intero tragitto percorso, portandosi dietro ogni piccolo pezzo importante raccolto sulla strada, Martina è oggi in grado di definire con chiarezza il suo sogno più importante. “Diventare una calciatrice professionista e giocare in Nazionale Maggiore con la 10 sulle spalle. È vero, il numero non è tutto, come ripete sempre mio padre, perché sono i giocatori a dare valore a quel numero. Ma io voglio seguire le orme dei miei idoli con quel numero e rappresentare l’Italia con orgoglio. Devo migliorare tanto, certo. Ma sono nel posto giusto per farlo e darò il massimo.”
Impegno, determinazione e volontà sono le parole chiave che raccontano perfettamente la storia di Martina Romanelli. Gli stessi elementi che sono stati fondamentali per quel numero 10 argentino che partì alla conquista del mondo con un pallone di fortuna. Traiettorie, distanze che si riducono, luoghi che diventano comuni rappresentano la base di un racconto di un sogno non lasciato li a realizzarsi ma coltivato giorno dopo giorno sul terreno di gioco, li dove una calciatrice viene riconosciuta, li dove una maglia identifica e lascia il segno. Li dove, danzando sulla palla, ti senti vera e conquisti la folla.
“Y en el diez la llevo yo, gloria in la mano…” sings Manu Chao, as if in those words the entire destiny of football is encapsulated. The number 10 is not just a number; it is the emblem of genius, madness, and dreams. Diego Maradona made that number his second skin, a cloak that weighed far less than the world he carried on his shoulders. It’s no coincidence, nor a miracle: the number ten represents the essence of the game, the only number capable of defying the logic of the pitch. In those movements and touches, you recognize the men destined for glory, those for whom reaching immortality is “neither a dream nor a rarity.”
Because you don’t wear the number ten: you are the number ten. Football history teaches us this: from the dusty fields of Barrio de la Paternal to the pantheon of the greatest, Maradona’s number has traveled across the world’s pitches as a symbol of redemption. It represents a life that, like a lottery, offers falls and resurrections, where the ball never stops rolling towards an idea of eternal beauty.
“The number 10 jersey is not just a number for me. It’s a symbol, worn by my idols like Maradona and Messi. Fighting for this number is important because it holds special meaning, even though I know it’s not the number that makes the player, but the player that gives meaning to the number.” With these passionate words, Martina Romanelli describes her connection to an iconic number that has accompanied the natural course of football history.
A history that made a stop just a few kilometers from her home, long before she was born. In a San Paolo stadium, not far from Giugliano where Martina was born, it’s fair to think that the spirit of “El Diez,” which permeated the people, has remained alive through time, influencing generations.
“Ever since I was a little girl, I always wanted to play football. It was the only sport I truly loved, and at home, I spent all my time playing with my brother. That’s where this passion was born, and together we would play anywhere, at any time of day, even after dinner.” A desire initially resisted by her parents, who tried unsuccessfully to steer her away from football—a girl who only wanted to have a ball at her feet, not dance.
Thus began an adventure with a second pillar, alongside Maradona, that was fundamental to Romanelli’s growth as a footballer. “For five years, my coach was Alessandro Di Martino, a person I consider incredibly talented. There was a great understanding between us on the field: he understood me, and I understood him. He always had a lot of faith in me, and that brought out many qualities in me: strength, determination, and willpower.”
And what natural outcome can a story that centers on Naples and the number 10 have? The answer couldn’t be simpler: the Napoli Femminile jersey, proudly worn with that very number. A crucial step not only in Martina’s athletic and personal growth, but also in realizing that the path she embarked on years earlier, despite her parents’ doubts, was the best one—full of joys and victories. “One of the most exciting moments of my career was winning the Danone Cup in 2012 with Napoli, my first trophy with the team. Despite being a ‘younger’ squad, the final against Juventus was an incredible experience. Those years at Napoli were some of the best; we weren’t just a team, we were a true family. There was so much determination and belief; even in defeat, we never gave up. I’m proud to have given so much to that team because it truly deserved it.”
Martina speaks of this in the past because, no matter how much you plan and set goals, there’s always a turning point waiting around the corner, ready to shake things up and make the journey more exciting and ambitious. That turning point has a big name: Inter, a team ready to welcome the undeniable talent of the Giugliano native with open arms.
Inter means Milan; it means packing your bags and moving far from home. A choice that didn’t weigh heavily on Martina’s shoulders. Quite the opposite. “Receiving the news that I’d be playing far from home was overwhelming, especially knowing I was joining a team like Inter.” A crucial step for a young girl who, however, had the strong support of her loved ones. “Being far from my family isn’t easy, but every day I remind myself that I’m here to chase my dream, to give my heart and soul to my sport and my team. My parents have always supported me, and even though we are miles apart, I always feel their support. It wasn’t an easy moment for us, but thanks to them, I’m experiencing this with peace and enthusiasm. Their support means more than anything.”
Besides a magical touch on the ball, so graceful it seems to dance atop it—perhaps to show her parents they were onto something when they suggested ballet shoes instead of cleats—Martina was also gifted with the art of decision-making and clear goals. “As soon as I arrived at Inter, my goal was to win the championship. At first, I wondered if we could do it, but after getting to know the team and the staff, I realized I had before me determined and gritty girls, eager to win and prove their worth. Each of them was crucial, sacrificing so much to achieve that title.”
A title in which she was a key player, especially in the decisive match against the highly-touted Roma in the semifinal, a team utterly dismantled by Romanelli’s brilliance. This talent also shone through with the U17 National Team, despite being one of the youngest in the group, where she immediately made her mark. “Being called up to the National Team as an underage player was an unforgettable experience. Singing the anthem in the blue jersey and scoring my first goal against France was a dream come true, something I couldn’t have wished for more.”
Looking back on her childhood dreams, and quickly retracing the path she has followed, carrying every important piece collected along the way, Martina is now able to clearly define her biggest dream. “To become a professional footballer and play for the senior National Team with the number 10 on my back. It’s true, the number isn’t everything, as my father always says, because it’s the players who give meaning to the number. But I want to follow in my idols’ footsteps with that number and represent Italy with pride. I have a lot to improve, of course. But I’m in the right place to do that, and I’ll give it my all.”
Commitment, determination, and willpower are the key words that perfectly describe Martina Romanelli’s story. The same elements that were fundamental for that Argentine number 10 who set out to conquer the world with a makeshift ball. Trajectories, distances that shrink, and places that become common ground form the foundation of a story about a dream not left to chance but cultivated day after day on the field, where a footballer is recognized, where a jersey defines and leaves its mark. Where, dancing on the ball, you feel real and win over the crowd.
di Ernesto Pellegrini
Nella foto Martina Romanelli in azione con la maglia dell’Inter Women (foto di Fabio Cittadini).