“Women Football: Rising Stars”: Lucrezia Sasso, attaccante dell’Inter e della Nazionale Italiana U17
“Oriali, battuta la punizione, cross di Gentile…GOL…ha segnato Rossi… Rossi… Rossi. Ha segnato Rossi al dodicesimo del secondo tempo.” Poche parole, semplici, non urlate come va di moda oggi, con il sottofondo di uno stadio festante per la rete che sblocca la partita. La voce è quella di Nando Martellini ed l’11 luglio 1982, Finale di Coppa del Mondo. Si gioca in Spagna, al mitico Santiago Bernabeu di Madrid e, sotto gli occhiali scuri del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, la Nazionale di Bearzot è in vantaggio con il suo giocatore più rappresentativo, colui che sarà il capocannoniere della manifestazione Mondiale, quel “Pablito” che aveva letteralmente trascinato gli azzurri in finale con una tripletta storica al Brasile, favorito indiscusso di quella edizione.
A distanza di molti anni da quel giorno, e nonostante altri eventi che hanno dato lustro alla nostra Nazionale, come il Mondiale del 2006 o l’inaspettata vittoria dell’Europeo 2020 con Roberto Mancini alla guida degli azzurri, quello del 1982 resta un evento che non scolorisce mai, che rimane vivo nella memoria di chi lo ha vissuto e di chi lo ha sentito raccontare. E quel ragazzo dalla folta chioma riccia l’icona indiscussa per essere stato il protagonista di un sogno inatteso, regalando un momento di gloria anche a coloro che del calcio si interessavano poco. “Il 20 ha un significato particolare. né mio padre né mia madre sono tifosi di calcio ma mi hanno raccontato di quando da giovani la nazionale del 1982, nonostante non fosse la favorita, ha vinto il mondiale battendo squadre sulla carta più forti come il Brasile e l’Argentina. Paolo Rossi con quel numero sulle spalle era stato il trascinatore con i suoi gol e, riguardandolo a distanza di tempo, ho potuto ammirare la velocità, l’abilità negli spazi stretti in area di rigore, il suo tempismo e l’opportunismo quasi sapesse sempre dove posizionarsi per raccogliere la palla e segnare. Mi ha colpito molto la storia del pronostico ribaltato e che ci vedeva sulla carta sfavoriti. Ed invece alla fine del torneo siamo stati noi ad alzare la Coppa. Quando sono arrivata in Nazionale ed hanno distribuito le maglie ho chiesto se potessi avere il 20 di Paolo Rossi”.
A raccontare questo suo particolare legame con l’indimenticato bomber della Nazionale di Bearzot alla redazione di WomenFootball è Lucrezia Sasso, anni 16 e professione attaccante letale dell’Inter e della Nazionale Under 17. Letale come quella schiera di calciatori e calciatrici passati alla storia per quella ricerca quasi ossessiva della marcatura, unico aspetto di una partita capace di saziare la loro fame. Un’attaccante che però sa quanto valga il lavoro della squadra e la responsabilità che ha sulle spalle nel finalizzare il lavoro delle compagne. “Sono una calciatrice che attacca la profondità, cerco molto la porta, mi trovo a mio agio nell’area di rigore cercando di anticipare il difensore ed il portiere. Il mio lavoro è chiaro, devo concretizzare in gol gli sforzi che le altre 10 calciatrici hanno fatto per mettermi li. Se non ci riesco, devo mettermi a disposizione della squadra per consentire, a chi mi sta vicino, di farlo.”
La passione, come spesso accade, nasce sui banchi di scuola, li dove si cerca di imitare l’idolo tra uno scambio di figurine ed una palla fatta di carta. “Ho iniziato a giocare a calcio per la prima volta a scuola e poi per strada, come la maggior parte delle ragazzine e dei ragazzini che conoscevo. Poi, vedendo i miei compagni di classe andare agli allenamenti dopo scuola, il mio interesse è notevolmente aumentato e coì chiesi ai miei genitori di farmi fare alcuni provini con alcune squadre degli oratori, desiderio che si realizzò quando ci trasferimmo a Como.”
Non senza qualche difficoltà. Perché, come troppo spesso accade, il calcio non è esattamente lo sport di tutti, anche quando sei in un luogo dove le differenze non dovrebbero esistere. “All’inizio ci furono problemi perché molte squadre non accettavano le ragazze. Malgrado questo, riuscii ad iniziare il mio percorso in una squadra oratoriale di nome Cometa. Dal primo allenamento capì subito che il calcio era il mio sport.”
La determinazione e lo spirito guerriero di Lucrezia sono indubbiamente qualcosa di innato, viscerale. Ma probabilmente anche fattori emersi dal modo in cui Lucrezia ha vissuto la sua giovane carriera di fianco ad una persona in grado di stimolarla continuamente, spingendola sempre a dare qualcosa di più. “Malgrado non sia stato un calciatore, e malgrado non fosse un grande tifoso di calcio, mio papà ha sempre mostrato rispetto e dedizione alla mia grande passione. Lui è sempre stato molto diretto con me dicendomi sempre le cose in faccia. Anche quando sapevo di aver fatto una buona partita, o almeno lo pensavo, mi mostrava incoraggiamento, mettendo però in evidenza gli aspetti in cui riteneva io dovessi migliorare. È stato probabilmente questo a darmi un’ulteriore spinta, sostenendomi sempre e, ancora più importante credendo profondamente in me quando io mollavo la presa”.
Un anno al Cometa, un anno al Como. E poi la chiamata di quelle importanti. Il nome è di quelli pesanti, storici, che onorano e non si possono “rifiutare”. “Giocammo un torneo a tre squadre e c’era anche l’Inter. Mi osservarono e mi proposero di fare un provino da loro. Ed eccomi qua pronta a dire la mia in una squadra prestigiosa”. Tutto d’un fiato, fulmineo come un movimento in area per scagliare la rete in porta anticipando l’avversaria di turno. Fulmineo come l’impatto in squadra, come se fosse li da anni, come se il suo stile di gioco fosse già parte di un meccanismo di gioco oliato e costruito per lei.
E c’è un momento esatto, il 29 giugno 2023, nel quale Lucrezia fa capire la stoffa della giovane promessa, dell’attaccante pronta a prendersi la scena. C’è la Roma Under 15, una squadra di fatto inarrestabile. Sasso a fine partita compare sul tabellino 3 volte, fermando come meglio non potrebbe la corsa delle giallorosse. Una tripletta che rivela ma che non scompone Lucrezia, sempre rivolta alla partita successiva ed al trionfo mancato in Finale. “Probabilmente quella partita ha fatto capire il nostro valore, peccato però per la finale. Ci sono gol che riesci a realizzare ed altri che manchi e che alla fine risultano decisivi, come quello in finale U15 contro ll Milan che avrebbe portato al pareggio. Il calcio però è bello anche per questo: devi sempre dimostrare quello che vali. Ieri ero quella che ha segnato 3 goal alla Roma oggi quella che ha mancato il pareggio con il Milan in finale. Una lezione che mi porto dietro conscia che domani avrò un’altra possibilità e dovrò farmi trovare pronta.”
E la possibilità arriva. Basta attenderla. Nella categoria superiore, l’Under 17, Lucrezia timbra il cartellino in semifinale contro la Roma ed in finale contro la Juventus, consentendo all’Inter di alzare il trofeo dello scudetto. Ed è proprio in quel momento che Lucrezia rivela la sua natura di vincente, di ragazza proiettata alla vittoria ben oltre la sua fame costante di gol. “Mi sono sentita liberata, mi portavo dietro il ricordo del secondo posto dell’anno prima e tutte noi volevano dimostrare che eravamo la squadra più forte. Il caldo, la fatica che ci portavamo dall’incontro con la Roma si è fatta sentire. Quando ho segnato la gioia è stata così forte che la prima cosa che ho pensato è stata di andare a festeggiare con tutti i sostenitori che durante tutta la partite ci hanno sostenuto con cori, e bandiere. Volevo esultare con una bandiera, ma non avendone una a disposizione ho utilizzato la maglia di puro istinto.”
Gol, esultanze che Lucrezia ripete con frequenza e costanza anche in Nazionale dove fa parte di un gruppo eccezionale, quello dell’Under 17, ricco di talento e qualità. Ed anche qui Lucrezia è entrata in modo naturale, continuando a giocare come sa, facendosi trovare pronta anche quando parte dalla panchina e pensando al concetto di squadra. “Per me il goal è concretizzare gli sforzi di tutte le ragazze che giocano con te, del portiere che dopo aver parato rimette la palla sul difensore che avanza e serve il centrocampista che sposta sulla fascia che si fa 30 metri di corsa pura e mette al centro e li devo esserci io per far si che loro lavoro abbia avuto un motivo. Quando segni senti la gioia di tutte quelle che ti hanno permesso di essere li.”
All’orizzonte c’è un Europeo di categoria che l’Italia deve ancora conquistarsi. L’obiettivo di Lucrezia e delle ragazze di Selena Mazzantini sono le Isole Faroe dove, dal 4 al 17 Maggio si terrà la fase finale. Il gruppo è di quelli impegnativi con la temibile Francia e le ostiche Bulgaria e Croazia che possono creare pericoli alle azzurre. Una manifestazione nella quale l’Italia non parte certamente da favorita, come quell’Italia del 1982 che rischiò di uscire ai gironi del Mondiale in Spagna.
E chissà se come allora sarà ancora una maglia con il numero 20 sulle spalle a trascinare la squadra verso traguardi inaspettati. Sasso, come Rossi, è già pronta.
“Oriali takes the free kick, Gentile crosses… GOAL… Rossi has scored… Rossi… Rossi. Rossi has scored in the twelfth minute of the second half.” Few words, simple, not shouted as is fashionable today, with the background of a stadium erupting in celebration for the goal that opens up the match. The voice is that of Nando Martellini, and it’s July 11, 1982, the World Cup Final. The game is being played in Spain, at the legendary Santiago Bernabeu in Madrid, and, under the dark sunglasses of the President of the Republic, Sandro Pertini, Bearzot’s national team has taken the lead with its most iconic player, who would go on to be the top scorer of the tournament—“Pablito,” who had literally carried the Azzurri to the final with a historic hat-trick against Brazil, the undisputed favorite of that edition.
Many years have passed since that day, and despite other events that have brought glory to our National Team, like the 2006 World Cup or the unexpected victory in the 2020 European Championship with Roberto Mancini leading the Azzurri, that 1982 event remains one that never fades, still alive in the memories of those who experienced it and those who have heard its story. And that young man with the thick curly hair remains an undisputed icon for having been the hero of an unexpected dream, gifting a moment of glory even to those who otherwise cared little for football. “The number 20 holds a special meaning. Neither my father nor my mother are football fans, but they told me about how, when they were young, the 1982 national team, though not the favorite, won the World Cup by beating teams that were stronger on paper, like Brazil and Argentina. Paolo Rossi, with that number on his back, had been the driving force with his goals. Looking back now, I can admire his speed, his skill in tight spaces in the penalty area, his timing, and the way he always seemed to know exactly where to be to pick up the ball and score. I was deeply struck by the story of how the odds were overturned, how, on paper, we were the underdogs. And yet, at the end of the tournament, we were the ones lifting the Cup. When I joined the National Team and they handed out jerseys, I asked if I could have Rossi’s number 20.”
Lucrezia Sasso, age 16 and a lethal striker for Inter and Italy’s Under-17 team, shared this particular connection to Bearzot’s unforgettable striker with the WomenFootball editors. Lethal like that lineage of players, both male and female, who have become legends for their almost obsessive pursuit of scoring—the only aspect of a game capable of satisfying their hunger. A striker who, however, knows the value of teamwork and the responsibility she carries to finish off the work of her teammates. “I’m a forward who attacks the space in front, always looking for the goal. I feel at ease in the penalty area, trying to anticipate the defender and goalkeeper. My role is clear: to convert the efforts of the other 10 players into goals. If I can’t, then it’s my job to support the team, to help those around me do it.”
As often happens, the passion begins in school, in that place where you try to imitate your idol between trading cards and a ball made out of paper. “I started playing football for the first time at school and then in the streets, like most girls and boys I knew. Then, seeing my classmates going to training after school, my interest grew significantly, and I asked my parents to let me try out with some local teams. That dream came true when we moved to Como.”
Not without some difficulties. Because, as too often happens, football isn’t exactly everyone’s sport, even in places where differences shouldn’t exist. “At first, there were problems because many teams didn’t accept girls. Despite this, I managed to start my journey with a local team called Cometa. From the first practice, I immediately realized that football was my sport.”
Lucrezia’s determination and fighting spirit are undoubtedly something innate, visceral. But perhaps also qualities that emerged from the way Lucrezia experienced her young career beside someone who constantly inspired her, always pushing her to give a little more. “Although he wasn’t a football player, and although he wasn’t a huge football fan, my dad always showed respect and dedication to my great passion. He’s always been very direct with me, telling me things as they are. Even when I thought I’d had a good game, he would encourage me but also highlight the areas where he felt I needed to improve. That probably gave me an extra push, as he always supported me and, most importantly, believed in me deeply, especially when I was about to give up.”
One year with Cometa, one year with Como. And then came the call from a big team, one with a name that carries weight and cannot be “refused.” “We played in a three-team tournament, and Inter was there too. They observed me and invited me for a tryout. And here I am, ready to make my mark on a prestigious team.” All in one breath, as quick as a strike in the box, anticipating the opponent to send the ball into the net. Quick as her impact on the team, as if she had been there for years, as if her style of play were already part of a well-oiled mechanism designed for her.
And there was an exact moment, June 29, 2023, when Lucrezia revealed her promise, showing that she was ready to take the spotlight. Facing Roma’s Under-15 team—a practically unstoppable squad—Sasso ended up on the scoresheet three times, stopping the Giallorosse in their tracks as best she could. A hat-trick that spoke volumes but didn’t unsettle Lucrezia, who remained focused on the next match and on the triumph that eluded her in the Final. “That game probably revealed our true value, though it’s a shame about the final. There are goals you score and others you miss, and sometimes they make all the difference, like the one in the Under-15 final against Milan that would have brought us level. Football is beautiful for that reason too: you always have to prove your worth. Yesterday, I was the one who scored three goals against Roma; today, I’m the one who missed the equalizer against Milan in the final. It’s a lesson I carry with me, knowing that tomorrow I’ll have another chance and must be ready for it.”
And the opportunity came. You just have to wait for it. In the higher Under-17 category, Lucrezia scored in the semifinal against Roma and in the final against Juventus, allowing Inter to lift the championship trophy. And it was at that moment that Lucrezia revealed her nature as a winner, a young woman driven to victory beyond her constant hunger for goals. “I felt free. I still remembered last year’s second-place finish, and we all wanted to show that we were the strongest team. The heat, the fatigue from the Roma match took their toll. When I scored, the joy was so intense that my first thought was to celebrate with all our supporters who had cheered us on with chants and flags throughout the match. I wanted to celebrate with a flag, but not having one on hand, I used my shirt on pure instinct.”
Goals, celebrations that Lucrezia repeats with frequency and consistency also in the National Team, where she’s part of an exceptional group, the Under-17, rich with talent and quality. Here, too, Lucrezia joined naturally, continuing to play as she knows how, making herself ready even when she starts on the bench and keeping the team in mind. “To me, a goal means realizing the efforts of all the girls who play with you, from the goalkeeper who makes a save, to the defender who pushes forward, to the midfielder who shifts to the wing, sprinting 30 meters to cross into the box. And I have to be there to make sure all their work has meaning. When you score, you feel the joy of everyone who made it possible.”
On the horizon lies a European Championship that Italy still has to qualify for. The goal for Lucrezia and the girls coached by Selena Mazzantini is the Faroe Islands, where the final phase will be held from May 4 to 17. The group is challenging, with the formidable France and the tough Bulgaria and Croatia, all capable of posing a threat to the Azzurre. It’s a tournament where Italy won’t be the favorite, much like the Italian team of 1982 that risked elimination in the group stage of the World Cup in Spain.
And who knows, perhaps once again, it will be a jersey with the number 20 on its back leading the team to unexpected triumphs. Sasso, like Rossi, is ready.
di Ernesto Pellegrini
Nella foto, Lucrezia Sasso, attaccante dell’Inter e della Nazionale Italiana U17 (si ringrazia per la foto Sport Generation Agency).