“Women Football: Rising Stars”: Emma Girotto, attaccante del Sassuolo Femminile e della Nazionale Under 19
“Ho sempre creduto nei numeri, nelle equazioni e nella logica che conduce alla ragione. Ma dopo una vita trascorsa nell’inseguire tutto ciò, ti chiedo: cos’è veramente la logica? Chi decide la ragione? La mia ricerca mi ha condotto attraverso l’universo, fino a te. E queste sono le uniche equazioni che contano davvero.”
Queste parole, pronunciate da John Nash, interpretato magistralmente da Russell Crowe, racchiudono il cuore emotivo di A Beautiful Mind, il film vincitore di quattro premi Oscar diretto da Ron Howard. Nash, genio matematico e vincitore del Premio Nobel per l’Economia, si rivolge alla moglie Alicia in una delle scene più toccanti e rivelatrici della pellicola. È un momento di svolta, in cui l’uomo che ha trascorso tutta la vita immerso nel mondo astratto delle formule e della razionalità ammette che, alla fine, ciò che dà senso alla sua esistenza non sono i numeri o le equazioni, ma l’amore.
Il monologo non è solo una dichiarazione romantica: rappresenta un riconoscimento profondo, un momento di consapevolezza in cui Nash si rende conto che la logica, da sola, non basta a spiegare l’essenza della vita. La sua “ricerca” attraverso l’universo non è solo quella di uno scienziato, ma di un uomo che, nonostante le sfide mentali e personali (inclusa la schizofrenia), arriva a comprendere che le relazioni umane, e in particolare il legame con Alicia, sono la sua vera ancora, il suo equilibrio in un mondo spesso dominato dal caos.
La scena è accompagnata da una tensione emotiva che riflette l’intero arco narrativo di Nash: dalla solitudine e l’ossessione per la perfezione razionale al lento emergere di un uomo che accetta la sua vulnerabilità e trova forza nella condivisione e nell’affetto. Il contrasto tra l’astrattezza dei numeri e la concretezza dell’amore è il fulcro della storia, e le parole di Nash risuonano come una celebrazione dell’umanità che, nonostante tutto, prevale.
Il razionale che si scontra, e al contempo si fonde, con l’irrazionale. Quante volte ci capita di attribuire un significato speciale a un numero, rendendolo parte integrante della nostra vita? Per alcuni, quel numero diventa un simbolo così personale e significativo da influenzare scelte quotidiane, fino al punto di eternizzarlo in un tatuaggio, quasi a cristallizzarne l’importanza.
Dalla numerologia alla spiritualità, i numeri vengono spesso visti come portatori di significati profondi, capaci di rappresentare la personalità, il destino o un tratto unico dell’individuo. Non si tratta solo di cifre: sono legami emotivi, simboli carichi di storie e memorie, che trasformano la logica astratta in qualcosa di profondamente umano.
“Al primo raduno mi è stata data la 7, un numero al quale sono legata per averla di fatto indossata in quasi tutta la mia esperienza in nazionale. Se devo indicare un numero per me importante dico il 58 che ho scelto in prima squadra al Sassuolo che è la media degli anni di nascita dei miei genitori e dei miei nonni, le persone che sono state importanti nel mio percorso e che ho voluto mettere insieme.” A raccontare questo legame particolare con il suo attuale numero di maglia, ai microfoni di WomenFootball, è Emma Girotto, la giovane attaccante del Sassuolo e della Nazionale Under 19.
Un legame nato da molto lontano, quando Emma non era ancora nata. Un gene trasmesso in una sorta di continuità che affonda le radici nel passato dove il calcio è stato, ed è ancora, un elemento fondante della famiglia. “In casa mia giocano tutti. Anche mia mamma è una ex calciatrice che ha militato nella squadra dove mia nonna era dirigente. Per me è stato pressoché tutto naturale, dal pancione fino al passeggino fino ai primi passi in campo, il pallone ha rappresentato per me un ambiente vicino e familiare”.
E proprio quando la stessa Emma ha fatto capire di voler seguire le orme delle sue predecessoresse, il sostegno di mamma Louiselle e papà Christian è stato inevitabile e naturale. “La mia famiglia, compresi i miei nonni, mi hanno dato sempre un grande supporto nel coltivare la mia passione accompagnandomi agli allenamenti ed alle partite. La scuola è stato sempre un obiettivo importante sia quando ero a Treviso sia adesso che sono al Sassuolo dove seguo una scuola privata in virtù del mio passaggio in Prima Squadra. Nonostante sia più lontana da casa loro mi seguono sempre, ovunque io giochi”.
Gli esordi sono vicino casa. Per lei che è nata a Musano il primo approdo si chiama Fulgor Trevignano Team, una squadra dove dimostra fin da principio di avere le idee molto chiare, frutto della grinta che l’ha contraddistinta sin dal principio. A stupire non sono solo le prestazioni in campo di Emma quanto la sua attitudine e la capacità di concentrarsi sul suo dovere di calciatrice, lasciando da parte ogni possibile ed inutile distrazione. “Ho cominciato a giocare nella squadra del mio paese, Trevignano, dove sono rimasta fino all’età di 14 anni e dove oggi gioca mio fratello. I miei compagni di squadra li consideravo dei veri amici che sono stati sempre al mio fianco quando si sono verificati episodi di discriminazione nei miei confronti. Succedeva spesso di andare in trasferta e di sentire battute di alcune persone nei miei confronti che ero l’unica ragazzina in campo. Ho sempre considerato questi episodi come uno stimolo a dare il massimo e perseguire il mio obiettivo di segnare.”
Quando poi è costretta a lasciare la squadra per trasferirsi a pochi chilometri di distanza, Emma ritrova un ambiente ideale ed uno stimolo ulteriore che le fa capire di essere sulla buona strada. “Quando non mi era più permesso giocare con i ragazzi mi sono trasferita al Cittadella che dista 40 minuti da casa mia ed anche li ho trovato persone eccezionali, dalle persone della società alle mie compagne. Tra l’altro in quel periodo ho ricevuto la mia prima convocazione in Nazionale.” Prima uno stage e poi l’ingresso definitivo nel gruppo delle azzurre guidate dal tecnico federale Jacopo Leandri, a certificare un’ascesa importante che avrebbe avuto un’ulteriore svolta di lì a poco.
“Sono stata molto grata e contenta del mio passaggio al Sassuolo. Non ho sofferto il fatto di dovermi allontanare da casa per andare a vivere da sola perché il mio obiettivo è stato sempre quello di seguire la mia passione. Quando sono partita ho rassicurato i miei genitori sul fatto che avrei vissuto comunque un’esperienza formativa sia calcistica che di vita. L’ambiente che ho trovato mi ha aiutato ad integrarmi facilmente e rendere il passaggio ideale e bellissimo”. Dopo la breve parentesi al Cittadella, dove aveva continuato a far parlare di se a suon di gol e prestazioni, il Sassuolo diventa la nuova casa di Emma. Una squadra prestigiosa e ambiziosa, capace di valorizzare tante calciatrici nel corso della sua storia.
Girotto diventa, pertanto, un’altra stella che indossa la maglia neroverde, continuando a brillare in campo e dando continuità al suo rendimento che si traduce in due sole parole. Segnare gol. E proprio al Sassuolo Emma ha l’opportunità di allenarsi con calciatrici di levatura internazionale come Daniela Sabatino e Lana Clelland, che di gol segnati ne sanno qualcosa. “Per me è un onore allenarmi con loro perché so che hanno tantissimo da darmi; pertanto, ad ogni allenamento cerco ogni volta di rubare loro qualcosa con gli occhi. Ci sono dei momenti nei quali ci alleniamo in gruppi e rimaniamo sole noi tre. È in quel momento che mi dico “Wow… posso veramente migliorare tanto”
Dicevamo dei gol e di quanto siano importanti per motivare e dare la giusta consapevolezza in termini di capacità di saper interpretare al meglio il ruolo. Nella giovane carriera di Emma ce ne sono tanti, i 13 segnati in 22 partite nel 2023, oltre quelli realizzati nelle selezioni giovanili della Nazionale. Eppure, nello spirito della calciatrice, quella capacità di concretizzare perfettamente il lavoro della squadra ha un sapore diverso. “Tutti i gol realizzati, soprattutto quelli importanti, sono stati emozionanti e mi hanno dato sempre più consapevolezza del mio legame con il calcio. Ho però una visione ancora più ampia del valore che lo sport rappresenta per me perché provo gioia e mi diverto a giocare anche nel campetto con gli amici. Pertanto, quei gol per me sono solo un in più”.
Nell’anno in cui Emma raggiunge la finale Scudetto del Campionato Primavera Femminile, c’è da registrare anche la firma sul suo primo contratto da professionista, diventando di fatto una pedina della Prima Squadra guidata da Gian Loris Rossi. Un primo ed importante tassello che va ad alimentare uno dei sogni rivelati da Emma che “… oltre ad esordire in Nazionale Maggiore, vorrei restare molti anni al Sassuolo per diventarne una bandiera”.
Gol, presenze, trofei. Elementi che si riconducono facilmente ai numeri che, piaccia o no, descrivono nella maniera più efficace ed immediata i risultati e le prestazioni di una calciatrice. Quasi inconsapevolmente, Emma Girotto, al pari di John Nash, ci ricorda come sia importante credere al valore dei numeri, scritti e ricordati talvolta per fini puramente statistici, in altri casi per esaltare prestazioni o stagioni disputate sul campo. Ma non bastano a definire il valore di una vita o di una carriera.
C’è un significato più profondo che da senso a tutto. Il valore più importante rimane ciò che ti porti dentro e che ti da la spinta quotidiana a muovere i tuoi passi e a dare il meglio in ogni occasione. Che per Emma si traduce in una sola parola. Cinquantotto.
di Ernesto Pellegrini
Nella foto un primo piano di Emma Girotto, attaccante del Sassuolo e dell’Italia Under 19 (Giorgia Bassoli – WomenFootball.it)