7 Aprile 2025

“Women Football: Rising Stars”: Sofia Verrini – difensore dell’Inter Primavera e della Nazionale Italiana Under 17

Nella foto Sofia Verrini in azione con la maglia dell'Italia (da Sports Generation SRL).

Il calcio è fatto di eroi e di filosofi, di uomini che vincono e di uomini che spiegano perché si vince. Vujadin Boškov era entrambe le cose. Aveva la saggezza del maestro di scacchi e l’ironia del vecchio saggio che conosce ogni trucco del mestiere. Parlava con la semplicità di chi sa che il calcio, in fondo, è un gioco senza segreti, ma solo per chi lo comprende davvero.

Boškov è stato un girovago delle panchine, trasferendosi in quasi ogni angolo d’Europa per insegnare calcio. Era però soprattutto un allenatore di periferia, un comandante di piazze operaie, abituato a forgiare uomini prima ancora che calciatori. Tra le panchine di prestigio c’è indubbiamente quella del Real Madrid che portò in finale di Coppa dei Campioni. Ma il suo capolavoro rimane la Sampdoria, trasformata da sogno di provincia a regina d’Italia nel 1991. Boškov non aveva bisogno dei riflettori delle grandi metropoli: gli bastavano un campo, una squadra da modellare e la sua voce inconfondibile.

E proprio da quella voce sono nate sentenze che ancora oggi risuonano negli spogliatoi. Boškov raccontava il calcio con la leggerezza di una battuta e la profondità di un trattato. Era un uomo di provincia, ma un allenatore universale. Uno di quelli che non allenava per il prestigio, ma per il piacere di insegnare. Ed è per questo che, a distanza di anni, le sue parole non sono mai invecchiate. “Il difensore migliore è quello che non si vede.” È una frase semplice, eppure rivoluzionaria. In un calcio moderno che chiede ai centrali di costruire, impostare e partecipare al gioco, Boškov ci ricorda che il primo compito di un difensore è un altro: difendere. Il vero specialista della retroguardia non ha bisogno di interventi spettacolari perché è già nel posto giusto, un attimo prima che il pericolo si manifesti. Un tackle elegante, un’uscita pulita, un’ombra che copre ogni spazio.

“Per un difensore centrale è sicuramente importante essere concentrati al 100%. Quello che mi dicono fin da quando sono piccola è che un difensore centrale deve giocare semplice e quella per me a volte è la cosa più difficile da fare.”  Pochi concetti ma chiari quelli che ci racconta ai microfoni di WomenFootball Sofia Verrini, centrale della Primavera dell’Inter e punto fermo della Nazionale italiana guidata da Selena Mazzantini.

La giovane calciatrice di Castano Primo, a pochi passi da Milano, ha una storia molto simile a quella delle ragazze della sua età che hanno scoperto questo sport sin da bambine. Spesso un fratello, talvolta amici vicini di casa, talvolta un adulto che con il calcio lo vive direttamente. Ed i primi racconti di Sofia hanno lo stesso indirizzo. “Ho scoperto la passione per il calcio all’età di 4/5 anni grazie a mio padre. Lui mi portava sempre alle sue partite e a quelle dei bambini che allenava e da quel momento ho iniziato a tirare i primi calci al pallone. Dopo aver detto ai miei genitori di voler iniziare a giocare a calcio, ho fatto i primi allenamenti nella squadra della mia città, la Castanese, e fin da quel momento ho capito che il calcio avrebbe rappresentato tutto per me.

Un momento diventato ancor più chiaro nel momento in cui avviene il passaggio che rappresenta un ricordo indelebile per il valore che si porta dietro. “Il trasferimento dalla Castanese all’Inter è stato finora uno dei momenti più belli mai vissuti. Sono passata da una squadra maschile ad una femminile e per gli obiettivi che avevo, ossia poter giocare con una grande squadra, indossare questa maglia voleva dire togliersi una soddisfazione enorme”.

Alzare l’asticella vuol dire competizioni importanti, responsabilità, gioie e dolori, in un vortice di emozioni contrastanti che Sofia deve saper gestire con la dovuta maturità. E sono spesso le delusioni o i momenti di difficoltà quelli che aiutano ad assumere la giusta consapevolezza di te stessa per capire nel profondo quanto sei disposta a dare tutto per rimanere sulla cresta dell’onda. “La stagione 2022/2023 è stata difficile da affrontare e digerire. La squadra aveva fatto un’ottima stagione nonostante la finale persa. Io purtroppo non me la sono goduta affatto perché un infortunio alla schiena mi ha tenuta lontano dal campo di gioco per un po’ di tempo.”

Nel calcio, come nella vita, i momenti vanno vissuti cogliendo ciò che di buono sono in grado di dare. Sofia ha fatto leva sul periodo no per rialzarsi più forte, come in gergo si dice, per cominciare a togliersi soddisfazioni e dimostrare che la strada scelta era quella giusta. Non solo con la maglia dell’Inter. “Vincere lo scudetto con l’Inter Under 17 è stata una delle emozioni più forti mai vissute. È stato un periodo particolare e, al contempo, fantastico perché sento di essere cresciuta sia in campo che fuori.”

L’altra maglia è quella più ambita, quella più rappresentativa, quella che fa venire i brividi quando l’inno risuona. Entrare negli spogliatoi e vedere una maglia azzurra pronta per te vuol dire chiudere il cerchio aperto qualche anno prima calcando per la prima volta un campo da calcio. “Quando è arrivata la prima convocazione in nazionale è stata un’emozione unica. Ero contentissima. Il giorno della prima partita con la maglia azzurra ero molto agitata, in ansia ma allo stesso tempo ero molto contenta, non vedevo l’ora di entrare in campo perché sapevo che stavo rappresentando l’Italia. È un’esperienza bellissima e soprattutto che non capita tutti i giorni.”

L’aspetto più interessante che il gruppo dell’Under 17 di Selena Mazzantini ha evidenziato più volte è la capacità delle ragazze di sentirsi gruppo a prescindere dal fatto di indossare gli stessi colori. Un tema che sofia conferma appieno e che può rappresentare di certo un punto di forza notevole nel prosieguo del cammino. “Con le mie compagne della nazionale ho legato tanto e posso dire che siamo un gruppo affiatato, una buonissima squadra. Il bello della nazionale è che siamo tutte ragazze provenienti da squadre differenti e questo bel rapporto che si crea in così poco tempo lo si porta anche fuori dal campo.”

E se a distanza di poche settimane l’appuntamento si chiama “Round 2” per staccare il pass definitivo per gli Europei che “… sono una competizione molto importante, infatti cercherò di affrontarli al meglio. Spero tanto di essere convocata e sicuramente in campo darò il massimo per rappresentare al meglio l’Italia.” c’è un desiderio ancora più grande che vive nel cuore e nella testa di Sofia. “Il mio sogno più grande è quello di vincere un mondiale. L’ obiettivo più concreto è quello di fare del calcio la mia vita. Mi piacerebbe esordire in prima squadra con la maglia dell’Inter e in futuro, come esperienza, andare a giocare anche all’estero. Sicuramente mi piacerebbe fare tutto il percorso in azzurro fino ad arrivare alla prima squadra e giocare il più possibile in nazionale maggiore.”

Boškov diceva che “il calcio è semplice: chi ha la palla attacca, chi non ce l’ha difende”. Un principio essenziale che, nella sua apparente banalità, racchiude la vera essenza di questo sport. È la stessa filosofia che guida Sofia Verrini nel suo percorso, fatto di passione, sacrificio e sogni ambiziosi. Il suo cammino, ancora tutto da scrivere, è l’esempio di come il calcio continui a essere una scuola di vita, dove il talento deve sempre essere accompagnato dalla determinazione e dall’umiltà. E proprio come insegnava Boškov, alla fine a fare la differenza non sono solo le giocate spettacolari, ma la capacità di essere nel posto giusto, al momento giusto. Perché il calcio, in fondo, è davvero semplice per chi lo sa comprendere davvero.

di Ernesto Pellegrini

Nella foto Sofia Verrini in azione con la maglia dell’Italia (da Sports Generation SRL).

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