“Women Football: Rising Stars”: Martine Trollsås Fenger, attaccante del Barcellona Femení e della Nazionale Norvegese – Intervista
Il calcio è un teatro di emozioni estreme, un palcoscenico dove la linea tra gloria e disperazione è sottilissima, spesso invisibile. Nessuno lo sa meglio di Ronaldo Luís Nazário, universalmente conosciuto come ‘Il Fenomeno‘. La sua storia calcistica è stata un viaggio attraverso gli abissi della sconfitta e le vette della rinascita, un’esperienza che scolpisce non solo la carriera di un campione, ma il suo mito. “L’infortunio è stato una prova di carattere”, riflette oggi il brasiliano con la serenità di chi ha toccato il fondo e ne è risalito, più forte e consapevole. Le sue ginocchia, messe a dura prova da due infortuni devastanti, sembravano voler spegnere prematuramente la luce di un talento ineguagliabile. Ma Ronaldo non ha mai ceduto, non ha mai smesso di lottare. E quando è tornato, quel sorriso che aveva incantato milioni di tifosi era ancora lì. Forse più radioso di prima. Non giocava più solo per strabiliare il pubblico, ma anche per sé stesso. Voleva dimostrare al mondo – e a sé stesso – che poteva ancora essere il migliore.
Il mondo dello sport è ricco di storie di resilienza. Da Tiger Woods a Valentino Rossi fino a Tom Brady, i grandi campioni sanno che la vera gloria non risiede solo nelle vittorie, ma nella capacità di rialzarsi, di affrontare le avversità e ritornare più forti di prima, siano queste dure sconfitte o infortuni che tengono lontano dal terreno di battaglia. Questo è il tratto che distingue i fuoriclasse dai talenti comuni: la tenacia.
Oggi, a ricordarci che il cammino verso la vetta non è mai lineare, c’è la storia di una giovane promessa del calcio femminile. “Sono stata fuori per sei mesi per un brutto infortunio alla caviglia. Il recupero è stato duro, ma non mi sono mai sentita sola. Anche quando non potevo giocare, ho sempre avvertito il sostegno degli allenatori e delle compagne. Sapevo che credevano ancora in me. Sono fortunata perché mi trovo nel miglior club possibile, con le migliori persone e le cure mediche migliori. Ora sono finalmente tornata ad allenarmi con la squadra e le cose stanno andando benissimo. Sono affamata e vogliosa di tornare in campo”. Così, con una luce negli occhi che tradisce l’impazienza tipica della sua età, ci racconta ai microfoni di WomenFootball il momento più duro della sua carriera la norvegese Martine Trollsas Fenger, fresca diciottenne e protagonista di una delle trattative giovanili più importanti dello scorso anno.
Per capire chi è davvero Martine, bisogna però partire da un luogo sconosciuto ai più, ma che rappresenta il primo nodo della sua storia. Se doveste trovarvi a Kristiansand, una tranquilla cittadina norvegese di circa 100.000 abitanti, e doveste chiedere loro chi sia il loro concittadino più noto nello sport, la risposta sarebbe probabilmente quasi sempre la stessa: Kristoffer Halvorsen. Campione del mondo in linea Under 23 nel 2016 a Doha, Halvorsen ha rappresentato per molto tempo una speranza per il ciclismo norvegese, ma la sua carriera si è conclusa senza i grandi trionfi attesi e con quell’oro unico spunto di gloria.
Guardando al presente ed immaginandoci un normale percorso dove “Tutto va come deve andare”, rievocando il ritornello di una celebre canzone degli 883, è facile credere che il nome di Halvorsen possa rischiare di essere rapidamente eclissato da quello di Martine Fenger che, in un batter di ciglia, è stata in grado di conquistarsi celebrità nel corso del 2023 con il titolo di miglior Under 19 del campionato norvegese a soli 16 anni e l’approdo nella squadra più forte d’Europa, il Barcellona, attuale detentore della Women’s Champions League.
‘Ero una bambina piena di energia’, racconta Martine, raccontando gli inizi della sua carriera. ‘Facevo ogni sport possibile, dal trampolino alla pallamano, al nuoto’. Ma fu un torneo di calcio in famiglia a svelare il suo destino. ‘Correvo come una pazza, non sopportavo di perdere e subire un gol. In quel momento, tutti capirono che avevo trovato la mia vera passione’. Da quel giorno, il calcio è diventato il suo mondo, e la determinazione della giovane promessa la spinta a continuare.
Il suo percorso di crescita calcistica è nato di fatto a pochi passi da casa nella squadra cittadina del Gimletroll, una di quelle esperienze indimenticabili che Martine ricorda con enorme affetto. “Ho iniziato in un club fantastico dove la squadra femminile era davvero molto forte. Dopo poco però mi hanno inserito nella squadra maschile per mettermi alla prova in una sorta di sfida”.
I primi anni da calciatrice sono anche quelli nei quali capire la giusta collocazione in campo, li dove Martine può esprimere al massimo le qualità di una ragazzina dalla chioma bionda che in campo con il pallone tra i piedi dimostra già di saper fare tutto. “Ho giocato in molte posizioni. Quando ero sui campi ridotti, ero schierata come difensore e correvo dappertutto. Poi, quando abbiamo iniziato a giocare su campi regolari, mi hanno spostata a centrocampo o come numero 10. Dopo un po’, ho avuto un allenatore che mi disse di provare a giocare come attaccante, e vide davvero il mio potenziale. All’inizio lo odiavo, ma dopo un po’, imparando il ruolo e iniziando a segnare, ho capito che mi piaceva giocare da attaccante, e che quella era la mia posizione.”
Dopo una piccola parentesi all’Amazon Grimstad, l’approdo al Kolbotn, scuola calcio tra le più prestigiose e luogo di passaggio di tante calciatrici che hanno scritto pagine importanti della storia del football norvegese. “È stato davvero il passaggio perfetto per me. La scuola che frequentavo era collegata al club, quindi è stato tutto molto più facile. Vivevo con una famiglia straordinaria che si prendeva cura di me e mi trattava come una di loro. Mi facevano sentire al sicuro, come a casa. Eravamo anche una squadra molto giovane e gli allenatori erano bravissimi a far crescere i giovani talenti. Dopo ogni allenamento restavano con me per esercitarmi sui tiri, i colpi di testa e in generale su ciò che dovevo migliorare”.
È qui che Martine Fenger affina le sue doti di attaccante evidenziando una crescita costante ed attirando sin da subito l’attenzione su di lei di osservatori di ogni dove. La sua capacità di segnare, indifferentemente di destro o sinistro, la velocità negli scatti, la freddezza sotto porta, tutto gridava ‘campionessa’ ed un futuro nel calcio che conta.
Nel racconto che fa di sé stessa con la determinazione e la maturità tipica delle persone che sanno perfettamente ciò che vogliono, Martine non nasconde il ruolo fondamentale della famiglia, con mamma e papà con ruoli e mansioni specifiche come due pedine da muovere in un campo di gioco: “È molto difficile per un’atleta bilanciare scuola e calcio, ovviamente, ma quando hai i genitori più solidali del mondo, sai di poter contare su di loro per ogni cosa tu abbia bisogno. Mia madre mi ha sempre aiutato con i compiti, mi preparava il pranzo al sacco e, quando tornavo tardi dagli allenamenti o dalle partite, la cena era sempre pronta. Le sono veramente grata per il tempo che mi ha dedicato negli studi. Mio padre mi ha sempre accompagnato al campo, guardava ogni allenamento e ogni partita a cui poteva assistere. Anche quando nevicava o pioveva, era sempre lì. La mia famiglia mi è stata sempre vicina dandomi tutto ciò di cui avevo bisogno, sono fiera di loro.”
La sua prima esperienza al Kolbotn nella Toppserien è stata un trampolino di lancio. Dalla panchina con la maglia numero 20 è presto divenuta titolare della squadra, diventando una delle giocatrici più decisive della squadra diventando presto la N.9. Scatti fulminei sulla linea del fuorigioco, progressioni irresistibili, dribbling secchi per superare il portiere: tutto nel suo stile di gioco sembra strabiliante ma naturale. L’ispirazione arriva dai grandi, come la danese Pernille Harder, ma Martine ha sempre cercato di assorbire ogni lezione da qualsiasi attaccante potesse insegnarle qualcosa.
Il Barcellona Femeni, la sua destinazione attuale, è stato il suo normale approdo dopo l’esperienza norvegese “È un sogno che si realizza”, dice con l’emozione ancora viva. Per chi la conosce bene, questo è soltanto il primo atto di una carriera destinata a grandi traguardi. La maglia della nazionale norvegese, indossata fin dall’Under 15, è un obiettivo concreto. Appena sarà tornata al top, Martine tornerà senza dubbio a vestire quel numero 9, a lei caro, con la sicurezza che solo i campioni possono vantare e con l’aspirazione di chi non pone limiti alla propria crescita. “Mi è sempre piaciuto molto far parte della nazionale, e il mio sogno è giocare un giorno con la prima squadra e fare grandi cose con e per il mio Paese.”
Rileggendo la sua storia, il percorso affrontato con tenacia e grande spirito di chi è pronta a mettersi in gioco, è facile intuire come gli elementi che compongono il puzzle si intreccino con quelli che hanno caratterizzato le storie dei grandi. Come Ronaldo Luis Nazário, che con il suo sorriso ha illuminato il mondo del calcio anche nei momenti più bui, Martine Fenger tornerà ad incantare con il suo talento. Il suo sorriso, quel tratto distintivo che non l’ha mai abbandonata, neanche durante l’infortunio, brillerà di nuovo in campo, accompagnato dai gol e dalle giocate che hanno lasciato tutti a bocca aperta.
In cuor nostro, noi sappiamo già come andrà a finire: Martine non si accontenterà. Come ogni grande stella, è destinata a lasciare un segno indelebile. E siamo certi che questo avverrà a breve, come per ogni grande stella del firmamento sportivo
Football is a theater of extreme emotions, a stage where the line between glory and despair is paper-thin, often invisible. No one knows this better than Ronaldo Luís Nazário, universally known as “The Phenomenon.” His footballing journey was a path through the depths of defeat and the heights of rebirth, an experience that not only defined his career but solidified his legend. “The injury was a test of character,” the Brazilian reflects today, with the calm of someone who has hit rock bottom and emerged stronger and more self-aware. His knees, tested by two devastating injuries, seemed bent on prematurely dimming the light of his unparalleled talent. But Ronaldo never gave in; he never stopped fighting. And when he returned, the smile that had enchanted millions of fans was still there—perhaps even more radiant than before. He wasn’t playing just to dazzle the crowds anymore; he was playing for himself. He wanted to prove to the world—and to himself—that he could still be the best.
The world of sports is filled with stories of resilience. From Tiger Woods to Valentino Rossi to Tom Brady, great champions know that true glory lies not only in victories but in the ability to rise, to face adversity, and to return stronger than before, whether overcoming crushing defeats or injuries that kept them off the field. This is the trait that distinguishes the extraordinary from the merely talented: tenacity.
Today, a young prospect in women’s football reminds us that the path to greatness is rarely straightforward. “I was out for six months with a bad ankle injury. Recovery was tough, but I never felt alone. Even when I couldn’t play, I always felt the support of my coaches and teammates. I knew they still believed in me. I’m lucky to be in the best possible club, with the best people and medical care. Now, I’m finally back training with the team, and things are going great. I’m hungry and eager to return to the field.” With a sparkle in her eyes, betraying the impatience typical of her age, Norwegian Martine Trollsas Fenger, freshly eighteen and one of last year’s most important youth transfers, shares the hardest moment of her career with WomenFootball.
To truly understand Martine, however, you have to start from a place unknown to most, which marks the first chapter of her story. If you were to find yourself in Kristiansand, a quiet Norwegian town of about 100,000 inhabitants, and ask who their most famous sports figure is, the answer would likely be nearly the same: Kristoffer Halvorsen. World champion in the Under-23 road race in 2016 in Doha, Halvorsen was a long-standing hope for Norwegian cycling, but his career ended without the great triumphs that were expected, with only that single gold as his highlight.
Looking to the present, and imagining a world where “Everything goes as it should,” recalling a famous song lyric from the Italian band 883, it’s easy to believe that Halvorsen’s name risks being quickly overshadowed by Martine’s. In the blink of an eye, she earned fame in 2023 by winning the title of Best Under-19 Player in the Norwegian league at just 16 and joining Europe’s top team, Barcelona, current Women’s Champions League holder.
“I was an energetic child,” Martine recalls of her early days. “I did every sport possible, from trampoline to handball to swimming.” But it was a family football tournament that revealed her destiny. “I ran like crazy, couldn’t stand losing or conceding a goal. At that moment, everyone realized I had found my true passion.” From that day forward, football became her world, and the determination of the young talent pushed her to keep going.
Her football development began close to home with the city team, Gimletroll, an unforgettable experience that Martine remembers fondly. “I started at a fantastic club where the women’s team was very strong. But soon they moved me to the boys’ team to test me in a new challenge.”
In her early years, Martine also discovered her ideal position on the field, where she could best showcase her skills as a blonde, fiery young player who already knew her way around the ball. “I played in many positions. On smaller pitches, I was placed as a defender and would run all over the place. Later, on full-sized fields, they moved me to midfield or as a number 10. Then I had a coach who told me to try playing as a forward, and he really saw my potential. At first, I hated it, but after a while, as I learned the role and started scoring, I realized I enjoyed playing forward—that it was my position.”
After a brief stint at Amazon Grimstad, she arrived at Kolbotn, one of Norway’s top football schools and a stepping stone for many players who have written major chapters in Norwegian football history. “It was the perfect move for me. The school I attended was linked to the club, so everything was easier. I lived with an incredible family who took care of me and made me feel at home. We were a very young team, and the coaches were excellent at developing young talent. After every practice, they’d stay with me to work on my shooting, heading, and whatever I needed to improve.”
It was here that Martine honed her skills as a forward, growing steadily and catching the attention of scouts from everywhere. Her ability to score with either foot, her acceleration, and her composure in front of the goal all shouted “champion,” hinting at a future in the upper echelons of football.
In speaking about herself with the determination and maturity of someone who knows exactly what she wants, Martine doesn’t hide the fundamental role her family plays. Her mother and father, like pieces on a chessboard, are critical in helping her balance school and football. “It’s very hard for an athlete to juggle school and football, of course, but when you have the most supportive parents, you know you can count on them for anything you need. My mom always helped me with my homework, packed my lunches, and when I’d get home late from practice or games, dinner was always ready. I’m truly grateful for the time she devoted to my studies. My dad always took me to the field, watching every practice and every game he could. Even when it snowed or rained, he was there. My family was always by my side, giving me everything I needed, and I’m so proud of them.”
Her first experience with Kolbotn in the Toppserien was her springboard. From a bench player wearing the number 20, she quickly became a starter, earning the coveted number 9 and becoming one of the most decisive players on the team. With lightning runs along the offside line, unstoppable breakaways, and quick dribbling to beat the goalkeeper, her playing style is thrilling yet effortless. She draws inspiration from the greats, like Danish star Pernille Harder, but has absorbed lessons from any striker she could learn from.
Barcelona, her current club, became her natural destination after her Norwegian experience. “It’s a dream come true,” she says, her excitement still fresh. For those who know her well, this is only the first act of a career destined for greatness. Wearing the Norwegian national jersey since the Under-15s, her sights are set firmly on the future. Once she’s back to her best, Martine will undoubtedly reclaim her beloved number 9 jersey, with the confidence only champions possess and the ambition of someone who sets no limits on her growth. “I’ve always loved being part of the national team, and my dream is to one day play for the senior team and achieve great things with and for my country.”
Reflecting on her journey and the tenacity and spirit that have defined her path, it’s easy to see how her story aligns with those of the greats. Like Ronaldo Luís Nazário, who brightened the world of football with his smile even in his darkest moments, Martine Fenger will once again captivate with her talent. Her smile, that distinctive trait that never left her, even during her injury, will shine again on the field, accompanied by the goals and moves that leave everyone speechless.
Deep down, we already know how it will end: Martine won’t settle. Like every star destined for greatness, she’s meant to leave an indelible mark. And we’re certain this will happen soon, as with every bright star in the sporting firmament.
di Ernesto Pellegrini
Nella foto, Martine Fenger in azione con la maglia del Barcellona Femeni (si ringrazia per la foto l’Agenzia Haxthaus).